Un ponte per il trapianto nella mielofibrosi

Kroeger e collaboratori esaminando i dati EBMT di oltre 500 patienti con mielofibrosi trapiantati dal 2012 al 2016 concludono che il pretrattamento con ruxolitinib si associa ad un miglioramento dell’outcome, specialmente nei pazienti con risposta splenica 

Kroeger et al, Leukemia online 2021, may 22

Il trapianto allogenico è l’unico trattamento che può guarire i pazienti con mielofibrosi primitiva o secondaria, tuttavia a causa della mortalità correlata alla procedura è consigliato nei pazienti con score IPSS intermedio-2 e alto che hanno un’aspettativa di vita < 5 anni per la patologia ematologica. Il trattamento con JAK inibitori ha dimostrato di ridurre i sintomi e la splenomegalia, ma non eradica il clone neoplastico e non può condurre alla guarigione i pazienti. Nell’ultimo decennio ruxolitinib è stato usato per migliorare le condizioni cliniche dei pazienti prima del trapianto allogenico. Questo studio retrospettivo EBMT prende in esame 551 pazienti con mielofibrosi che hanno ricevuto un trapianto allogenico da donatore familiare HLA-identico o da registro (trapianti aploidentici esclusi) nel periodo 2012-2016, tra i quali 277 hanno ricevuto ruxolitinib pretrapianto.

 

Il 33% dei pazienti trattati con ruxolitinib sono arrivati al trapianto in risposta splenica. L’attecchimento dei neutrofili è stato più rapido e completo nei pazienti responsivi a ruxolitinib rispetto a quelli non responsivi o che avevano perso la risposta (94% vs 85%). La mortalità trapiantologica a 1 anno (22%)  non è stata influenzata dal trattamento con ruxolitinib né dalla risposta, mentre si conferma essere significativamente aumentata in caso di pazienti più anziani di 58 anni e nel caso di donatori da registro mismatched. Non ci sono stato eventi di TRM correlati alla sindrome da sospensione del ruxolitinib, che è stato nella maggior parte dei casi ridotto e sospeso prima del condizionamento. L’incidenza di GVHD acuta non è stata influenzata dal JAK inibitore, mentre la GVHD cronica era significativamente inferiore nei pazienti non pretrattati con ruxolitinib (forse perché trapiantati più da donatori familiari HLA-id che MUD rispetto ai pazienti esposti al ruxolitinib).  I pazienti responsivi a ruxolitinib hanno presentato una riduzione significativa delle ricadute e un prolungamento della DFS rispetto ai pazienti non trattati con ruxolitinib. Tuttavia la OS non è stata influenzata dal ruxolitinib mentre vi impatta in modo significativo il ricevente anziano e il donatore  da registro mismatched.   

Questo studio conferma che il ruxolitinib è un pretrattamento sicuro prima del trapianto allogenico e che i pazienti che arrivano al trapianto mantenendo una risposta splenica hanno un migliore engrafment e una migliore DFS, suggerendo che nei pazienti responsivi all’inibitore del JAK2 il trapianto non deve essere dilazionato per non perdere la risposta splenica. I pazienti anziani con o senza pretrattamento con JAK inibitori e i trapianti da donatore MUD mismatched  sono a rischio di maggiore TRM, per cui è necessario proseguire in questi setting la ricerca di nuovi condizionamenti e nuove forme di profilassi della GVHD.