Inibitori di FLT3 come mantenimento post trapianto : si' o no ?

Un bella riflessione su un argomento molto di moda, con molteplici spunti sul razionale di una terapia di mantenimento, la cui efficacia di fatto non è stata ancora completamente dimostrata.

Levis MJ et al : FLT3 Inhibitor Maintenance After Allogeneic Transplantation: Is a Placebo-Controlled, Randomized Trial Ethical? J Clin Oncol. 2019 Apr 29

Gli autori prendono spunto dai dati presentati durante l'ultimo ASH del 2018, che sembrerebbero dimostrare un beneficio della terapia di  mantenimento , basata su  inibitori di fLT3 , in  pazienti affetti da LAM FLT3 pos sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche allogeniche .

Analizzano i vari studi presentati e formulano le loro conclusioni, condendole con alcune pillole di etica applicata agli studi clinici che non è male condividere.

Vengoni analizzati

  • il Sormani trial, randomizzato prospettico basato su Sorafenib  (83 paz)  .
  • Il Radius trial, randomizzato prospettico , basato sulla midostaurina (60 pazienti)
  • il BMT-CNT 1506 basato sul Gilterinib, previsti 346 pazienti, in corso.

Nel paper si evidenzia  come i primi due studi abbiamo delle gravi pecche del disegno: non hanno considerato la MRD pre trapianto, non è stata calcolata la giusta potenza statistica, offrono il farmaco per un periodo limitato di tempo  dopo il trapianto, con curve che sembrano dimostrare semplicemente uno spostamento in avanti della recidiva piuttosto che una guarigione. Soprattutto trattano una popolazione di pazienti che non è quella attuale: pochissimi , nei due studi , hanno ricevuto inibitori di FLT3 durante l'induzione.

Viene inoltre evidenziata una tossicita non trascurabile dei due farmaci (sorafenib e midosaturina) che sarebbe giustificata in caso di identificazione di popolazione a rischio di recidiva, mentre attualmente non sappiamo se i pazienti trattati con inibitori di FLT3 in induzione con raggiungimento di una RC molecolare lo siano veramente.

Si analizza quindi un problema etico che ha coinvolto il terzo studio, in origine a doppio cieco con placebo, e che è stato emendato dopo la commercializzazione del Gilteritinib in diverse nazioni partecipanti, per poter permettere di trattare i pazienti recidivati caduti nel braccio placebo.

Si tratta quindi il concetto di clinical equipoise da applicare nei trials in cui ci sia una reale incertezza sull'efficacia dei trattamenti proposti.   

Meglio estrapolare dati da piccoli studi con popolazione  non attuale o rischiare un trial prospettico con braccio placebo , potenzialmente non etico?

Gli autori hanno le idee chiare e vi invito alla lettura per conoscere il finale...