CAREGIVING E FORMAZIONE PRECOCE: QUANDO LA CONSAPEVOLEZZA PUÒ DIVENTARE CURA SUPPLEMENTARE

In fase pre-trapianto risulta indispensabile la valutazione del caregiver, al fine di assicurare un valido supporto al paziente. Come dimostra questo articolo condotto da una collega svedese, garantire un’adeguata preparazione ad un idoneo caregiver può generare livelli più alti di assistenza.

 

Winterling J, Kisch A, Alvariza A, Årestedt K, Bergkvist K. Preparedness for family caregiving prior to allogeneic hematopoietic stem cell transplantation. Palliat Support Care. 2022 Aug;20(4):519-526. doi: 10.1017/S1478951521001346. PMID: 35876448.

Il Trapianto di Cellule Staminali Emopoietiche allogeniche (allo-TCSE) porta il paziente a dover fronteggiare numerose complicanze potenziali, non solo in fase di ricovero, ma anche a lungo termine. Risulta così incommensurabile un’assistenza adeguata che tenga conto dei vari rischi da scongiurare.

Ma cosa accade nel periodo delicato post dimissione?

Durante il percorso trapiantologico i pazienti necessitano di cure e sostegno da parte dei familiari, soprattutto al rientro a casa dopo il lungo ricovero al quale sono stati sottoposti. A questo proposito, la letteratura ha ampliamente dimostrato quanto l’esperienza del paziente sottoposto a trapianto sia influenzata dal livello e dalla qualità del supporto ricevuto dal caregiver. In questo studio trasversale viene analizzato quanto la formazione precoce (fase pre-TCSE) del caregiver, sulle strategie migliori da adottare per l’assistenza, possa influire in fase post TCSE sui livelli di ansia/depressione, competenza e salute in generale del caregiver stesso. Inoltre, vengono analizzati i fattori che potrebbero essere associati ed influenzare la preparazione di chi presta le principali cure al paziente trapiantato.

Nel periodo tra il 15 ottobre 2017 al 14 novembre 2018 sono stati arruolati nello studio 148 pazienti sottoposti ad allotrapianto. Di questi, 86 caregiver familiari hanno acconsentito ad essere arruolati (tasso di risposta 69%) ed hanno compilato un questionario, dal quale sono emerse correlazioni statisticamente significative tra il livello di istruzione, maggiori competenze e livelli di assistenza più alti. Altri aspetti sono stati indagati come l’ansia e il carico emotivo, ma non sono emersi dati significativi.

Dall’elaborazione finale dei dati si evince chiaramente come il rapporto paziente/caregiver influisca sulla qualità del tipo di assistenza, in quanto i partner tendono ad essere più preparati nel riconoscimento dei bisogni, come già supportato da precedenti studi effettuati in ambito oncologico. Ma può capitare, come ben sappiamo dalla real life, che il solo fatto di essere il partner/il caregiver non necessariamente implichi un’assistenza ideale.

Per poter essere un caregiver di qualità, al fine di raggiungere i migliori risultati possibili assistenziali nella delicata fase post trapianto, entrano in gioco diversi fattori: il più importante risulta essere il livello di istruzione, che facilita la transizione tra l’essere un semplice familiare al divenire caregiver. A questo proposito, l’alfabetizzazione sanitaria è associata anche ad una riduzione dei sintomi di depressione sul caregiver. Non bisogna dimenticare come, la diagnosi di malattia e le successive cure, ricadano non solo sul paziente stesso ma su tutti coloro che lo circondano, in particolar modo su chi si prende carico delle sue cure quotidianamente.

Al contrario di come si potrebbe pensare da convenzione sociale, l’età e il sesso non influiscono sulla qualità di caregiving potenziale anche se, una limitazione di questo studio, è il campione relativamente piccolo.

Confrontando i fattori evidenziati in letteratura, gli autori hanno dimostrato che una maggiore preparazione è significativamente associata a livelli più elevati di competenza e autoefficacia, a livelli più bassi di depressione e a una migliore salute generale. I risultati dello studio possono essere compresi in relazione al concettuale modello di supporto del caregiver sviluppato da Hudson (2003), che descrive la sensazione di essere preparati come risorsa che influenza il modo in cui i caregiver familiari affrontano l’assistenza. Un modo per aumentare la preparazione all'assistenza prima allo-TCSE è cercare di ridurre la grande incertezza riguardo al futuro attraverso sedute psicoeducative in gruppi riguardanti le diagnosi e il sollievo dei sintomi, la cura quotidiana e i problemi nutrizionali, il supporto e le questioni esistenziali.

Questo studio orienta la ricerca futura verso l’approfondimento delle tematiche relative gli aspetti psico-emotivi della rete di supporto al paziente. Sarebbe interessante trovare degli strumenti di valutazione e monitoraggio sempre più proattivi e validati, in modo da renderli raccomandabili e fruibili, creando evidenze più forti.

  • A cura di
    Angela, De Stefano, A.O. Bianchi-Melacrino-Morelli; Reggio Calabria, CIC 587 in collaborazione con Marco Cioce
  • Pubblicato
    27 Marzo 2024