Coping attivo nel TCSE: misura di gestione del distress e migliore qualità di vita

L’impatto che le strategie di coping orientate all’approccio hanno sulla qualità di vita e sulla riduzione del distress psicologico è significativo anche prima del TCSE; possiamo saggiarne l’esperienza su un campione ampio di caregivers di pazienti con tumori ematologici maligni. Questo studio americano è il primo a caratterizzare le diverse dimensioni dell'uso delle strategie di coping nei caregiver di pazienti con neoplasie ematologiche e/o sottoposti a TCSE. 

Amonoo HL, Johnson PC, Nelson AM, Clay MA, Daskalakis E, Newcomb RA, Deary EC, Mattera EF, Yang D, Cronin K, Boateng K, Lee SJ, LeBlanc TW, El-Jawahri A. Coping in caregivers of  patients with hematologic malignancies undergoing hematopoietic stem cell transplantation. Blood Adv. 2023 Apr 11;7(7):1108-1116. doi: 10.1182/bloodadvances.2022008281. PMID: 36398978; PMCID: PMC10111355.

I caregivers di pazienti con tumori ematologici maligni sottoposti a TCSE affrontano un elevato carico assistenziale, numerose responsabilità, alti tassi di disagio psicologico, ansia, depressione, disturbi del sonno, disabilità fisica in acuzie e peggiore livello della qualità di vita. Questo è uno studio clinico randomizzato su un campione di 170 caregivers adulti di pazienti con neoplasie ematologiche ricoverati per essere sottoposti a TCSE allogenico o autologo, in un periodo di tempo da ottobre 2018 a gennaio 2022. Gli strumenti di analisi di cui ci si è avvalsi sono: il Brief COPE, l'Hospital Anxiety and Depression Scale (HAD-S), ed il Caregiver Oncology Quality of Life Questionnaire (CarGOQoL), per misurare rispettivamente le strategie di coping, il disagio psicologico (depressione ed ansia) e la qualità della vita. Le strategie di coping vengono suddivise binariamente in coping orientato all’approccio, ossia coping attivo, ristrutturazione positiva, supporto emotivo e accettazione e coping evitante, ossia di negazione, autocolpevolizzazione e disimpegno comportamentale. Il coping attivo si differenzia principalmente dal coping passivo per la caratteristica di manifestarsi maggiormente efficace, in quanto la fonte del disagio viene reputata da colui che adotta la strategia come modificabile o rimovibile, a differenza, appunto, del coping passivo, nel quale si evita direttamente la fonte stressogena o ci si reputa inermi di fronte ad essa.
Nei casi di leucemia mieloide acuta (LMA), in letteratura si osservano più spesso meccanismi di coping quali l’evitamento, la fuga e il distanziamento, associati questi a maggiori livelli di caregiver burden. Mentre, meccanismi attivi, quali la ristrutturazione positiva, ossia l’atto pratico di cercare una nuova e differente valutazione e definizione della situazione problematica, attribuendole un significato maggiormente positivo, col fine di ridurne la componente negativa, contribuiscono a diminuire il fardello assistenziale.
Lo studio si focalizza sull’utilizzo e sull’importanza delle strategie di coping tra i caregivers ancor prima del TCSE, esaminando la relazione tra gli stili di coping e l’esperienza personale del caregiver. Si ipotizza che il maggiore uso di strategie attive, quali la reinterpretazione positiva/accettazione, ossia essere pienamente consapevoli e consci della condizione patologica, senza opporsi ad essa con negazione, bensì riuscire ad osservare sé stessi e la condizione in cui ci si trova, possa essere correlato con una migliore qualità di vita e minori sintomi di distress psicologico.

Una parte significativa dei caregiver ha riportato un alto utilizzo di accettazione (56%), riorientamento positivo (46%) e coping religioso (44%). Nonostante il 49% dei caregiver abbia riportato un alto utilizzo di strategie di coping orientate all'approccio, il 33% della coorte ha segnalato un alto utilizzo di strategie di coping evitanti. 

Si evidenzia un utilizzo maggiore di strategie di coping orientate all’approccio rispetto alle evitanti e si osserva come proprio queste si associno con livelli inferiori di ansia (β = -0,210, P = 0,003) e sintomi depressivi (β = -0,160, P = 0,009) , nonché migliore qualità di vita  (β = 0,526, P = 0,002), al contrario delle strategie evitanti:  maggiore ansia (β = 0,687, P <0,001), sintomi depressivi (β = 0,579, P <0,001) e una peggiore qualità di vita (β = -1,631, P <0,001). Le strategie adattative, quali la reinterpretazione positiva, l’accettazione ed il coping religioso sono quelle maggiormente rappresentative e si associano a livelli superiori di qualità di vita.

È importante osservare quanto il coping sia correlato al disagio ed alla migliore o peggiore qualità di vita dei caregivers e dei pazienti ancor prima del TCSE stesso. Emerge, da qui, l’evidenza che i caregivers possano beneficiare di risorse che facilitino la gestione adattiva delle richieste assistenziali e la capacità di fronteggiare attivamente la situazione patologica, interferendo meno negativamente sulla qualità di vita presente e futura al TCSE. È necessario, dunque, a mio parere, focalizzarsi sulle risorse personali del caregiver in un contesto come quello del trapianto, riconoscere quali esse siano, strutturarle ed implementare le abilità adattative di coping orientate all’approccio già nella fase pre-trapianto (es. strategie basate sulle abilità cognitivo-comportamentali, che facilitano il coping focalizzato sulle emozioni, la ristrutturazione cognitiva e l’accettazione), le quali si rivelano associate ad un minor distress psicologico e migliore qualità di vita e cercare di comprendere come e quando nel ciclo di cura integrare gli interventi di coping per migliorare il benessere psicologico dei caregivers e favorire una migliore compliance terapeutica, nel benessere globale di paziente, caregiver ed operatore. In molti casi, dalla mia esperienza clinica, il coping religioso può essere considerato una strategia di resilienza per lo più adottata col fine di ricercare e ricevere conforto nelle credenze e pratiche religiose/spirituali, ma spesso è possibile osservare come possa esso stesso essere una valvola di sfogo e di colpevolizzazione per la situazione inaccettabile, soprattutto nei casi di coping evitante. Detto ciò è, però, comunque fondamentale rimarcare il fatto che per adottare strategie di coping attivo è necessaria un’adeguata formazione, sia cognitiva sia comportamentale che sia focalizzata al concreto delle emozioni contestuali, ed una struttura di personalità che sia strutturata, già prima dell’evento TCSE, sulla quale sia possibile il consolidamento di una valida consapevolezza circa la situazione. 

  • A cura di
    Federica Fermante, Valentina De Cecco, Trapianto Emopoietico e Terapie Cellulari, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma, CIC 796 - in collaborazione con Stefano Botti
  • Pubblicato
    17 Novembre 2023