I PREBIOTICI POSSONO ESSERE POTENTI ALLEATI NELLA LOTTA ALLA GVHD ACUTA?

Uno studio prospettico del Tokyo Metropolitan Komagome Hospital ha  dimostrato che i prebiotici possono alleviare il danno della mucosa intestinale favorendo la diversità microbica intestinale, riducendo le complicanze post trapianto, in particolare l’incidenza e la gravità della aGVHD nei riceventi allo-TCSE.

Yoshifuji Kota et al.blood advances. 2020 oct 13;4(19): 4607-4617. doi:10.1182/bloodadvances.2020002604. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32991720/

Le prospettive a lungo termine dei pazienti con aGVHD refrattaria agli steroidi sono scarse. Quindi, la gestione dell'aGVHD con terapie alternative diventa fondamentale per molti allo-trapiantati.

È ormai noto come il danno alle mucose e l'alterazione del microbiota intestinale dopo il Trapianto di Cellule Staminali Ematopoietiche (TCSE) siano fattori chiave nello sviluppo dell'aGVHD. Inoltre, è dimostrato in letteratura che il cibo influenza fortemente la composizione del microbiota intestinale e che la nutrizione enterale è più efficace rispetto alla nutrizione parenterale nell'impedire lo sviluppo di aGVHD, nel diminuire la mortalità correlata al trapianto e nell'aumentare la sopravvivenza globale.

Questo studio prospettico indaga gli outcomes post somministrazione di due prodotti: un integratore nutrizionale comprendente glutammina, fibre e oligosaccaridi (GFO) e un integratore prebiotico, l'amido resistente (RS), che, mimando gli effetti della nutrizione enterale, alleviano il danno della mucosa, contribuiscono a mantenere la diversità microbica intestinale e mitigano l'aGVHD.

Nello studio i gruppi caso-controllo erano formati da pazienti sottoposti a trapianto di CSE allogenico; ad un gruppo di 49 pazienti sono stati somministrati i prebiotici dall’inizio del condizionamento fino al giorno +28; il gruppo di controllo formato da 142 pazienti non ha ricevuto prebiotici. Durante questo periodo gli arruolati nel primo gruppo hanno ricevuto i prebiotici RS a pranzo e cena mentre i GFO sono stati somministrati a colazione per tutta la durata dello studio. A tutti i partecipanti sono stati raccolti campioni fecali sia nella fase pre-trapianto che al giorno +28.

I prebiotici utilizzati nel presente studio hanno fornito 21 g di fibra alimentare (5 g di polidestrosio da GFO e 8 g di RS per piatto). Il dosaggio di prebiotico utilizzato è stato determinato in base all'assunzione target per adulti giapponesi sani (> 20 g/die per gli uomini), non per gli individui malati. 

L’endpoint primario riguardava l’incidenza e la durata della mucosite sia orale che intestinale; l’endpoint secondario riguardava l’incidenza della aGvHD e la durata della Nutrizione Parenterale Totale (NPT).

Lo studio presenta dei bias, ma risulta comunque meritevole di menzione. Dai dati raccolti si nota come l'assunzione di prebiotici e la manipolazione del microbiota intestinale abbia ridotto le complicanze post-trapianto, la mucosite orale nella fase iniziale, la durata della diarrea e l'aGVHD. 

Pur tenendo presente la tossicità legata al trapianto (nausea e vomito, fatigue o mucosite orale), che hanno inciso sull’assunzione corretta dei prebiotici, i dati hanno messo in evidenza come nel gruppo prebiotico si fossero manifestati meno casi di diarrea (rispettivamente 17% e 7%) e di durata inferiore rispetto al gruppo di controllo (mediana, 7 giorni vs 9 giorni; P = 0,049). La mucosite orale moderata o grave è stata più breve (mediana di 11 e 14 giorni, rispettivamente nel gruppo prebiotico e controllo) così come l’uso di oppioidi (non hanno ricevuto oppioidi il 14,5% nel gruppo di controllo storico vs 34,1% nel gruppo dei prebiotici). Al giorno 100, l'incidenza cumulativa di aGVHD di tutti i gradi era significativamente più bassa, sebbene più pazienti nel gruppo prebiotico abbiano sviluppato aGVHD dopo il giorno 100 rispetto ai pazienti nel gruppo di controllo.

Lo studio non mostra risultati sull’uso di NPT, poichè secondo gli autori i dati sono sovrapponibile nei due gruppi.

L’incidenza di aGVHD di grado da 2 a 4 era significativamente più bassa nel gruppo prebiotico rispetto al gruppo di controllo. Questo dato suggerisce che l'assunzione di prebiotici può ridurre il numero di pazienti che altrimenti necessiterebbero una terapia steroidea sistemica. Infatti, un minor numero di pazienti ha ricevuto una terapia steroidea sistemica prima del giorno 200 nel gruppo prebiotico rispetto al gruppo di controllo (rispettivamente 39% vs 58%). Nello specifico, l'incidenza di aGVHD cutanea nel gruppo prebiotico è stata significativamente inferiore rispetto al gruppo di controllo, mentre sebbene non statisticamente significativa, l'incidenza di aGVHD intestinale nel gruppo prebiotico era circa il 10% inferiore rispetto al gruppo di controllo storico nel presente studio. La mancanza di significatività statistica può essere associata al piccolo campione di studio dei pazienti analizzati. 

Sulla aGvHD tardiva i dati non sono certi in quanto l’assunzione di prebiotici terminava al giorno +28. 

Il ruolo della dieta nel trapianto di CSE si dimostra uno strumento sempre più centrale ai fini della gestione delle complicanze post-trapianto. I risultati indicano che le terapie che mirano a gestire il microbiota possono costituire un nuovo approccio terapeutico per l'aGVHD. L'assunzione di prebiotici può essere una strategia efficace per prevenire l'aGVHD nell'allo-HSCT, migliorando così i risultati del trattamento e l'utilità clinica degli approcci al TCSE.

Si apre quindi un panorama nuovo all’interno delle indicazioni che classicamente hanno ridotto la dieta dei pazienti allotrapiantati ad una “alimentazione a bassa carica microbica”, il cui obiettivo era quello di tenere sotto controllo la proliferazione della cosiddetta flora intestinale. Studi come questo, seppur non privi di bias, gettano le basi per trovare soluzioni alternative che permettano ai pazienti sottoposti a trapianto di CSE una migliore sopravvivenza e qualità di vita.