Enterococchi vancomicina resistenti (VRE) in centro trapianti – serve l’isolamento da contatto?

Questa recente revisione della letteratura cerca di evidenziare gli aspetti più significativi per i pazienti colonizzati o con infezione da VRE sottoposti a TCSE.

Benamu E and Dresinski S. F1000Res. 2018 Jan 2;7:3. doi: 10.12688/f1000research.11831.1. eCollection 2018.

Gli enterococchi sono cocchi gram positivi, asporigeni, anaerobi facoltativi, che si trovano comunemente nelle feci dell’uomo. Negli ultimi 30 anni sono comparsi ceppi di enterococco particolarmente virulenti per la loro resistenza alla vancomicina, un antibiotico che fa parte della classe dei glicopeptidi. Un terzo delle infezioni degli isolati da enterococchi sono da attribuire agli enterococchi vancomicina resistenti (VRE).

Colonizzazioni gastrointestinali e batteriemie da VRE sono diventate una complicanza clinicamente significativa in pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche (TCSE). Negli ultimi dieci anni, il trattamento e la prevenzione delle infezioni da VRE in centro trapianti hanno visto numerosi cambiamenti riguardanti le strategie di screening e metodologie di decolonizzazione, nonché l’inserimento sul mercato di nuovi antibiotici, condizionamenti non mieloablativi e il trattamento di pazienti sempre più anziani.

Una recente revisione della letteratura cerca di evidenziare gli aspetti più significativi per i pazienti colonizzati o con infezione da VRE in centro trapianti.

Materiali e Metodi

La revisione è suddivisa in tre sezioni principali che trattano poi dettagliatamente argomenti specifici. La prima sezione riguarda l’incidenza, la mortalità e i quadri più frequenti di infezione da VRE, la prevalenza e i fattori di rischio per il paziente trapiantato ed infine l’impatto delle batteriemie da VRE sulla mortalità. La seconda sezione riguarda la prevenzione, e declina tutte le parti importanti: decontaminazione, pulizia ambientale, strategie di sorveglianza, isolamenti da contatto e dispositivi di protezione individuale, modifica del microbiota, profilassi intestinale, e programmi di antibioticoterapia mirata. La terza e ultima parte spiega dettagliatamente tutte le possibilità di trattamento farmacologico, includendo gli antibiotici di ultima generazione.

Risultati

  • La colonizzazione da Enterococchi Vancomicino Resistenti (VRE) è comune e sta incrementando la sua frequenza in molti centri.
  • La sorveglianza delle colonizzazioni da VRE non è una pratica standard in tutti i centri ma è raccomandata in corso di trasmissione di ceppi.
  • I pazienti colonizzati con VRE, in particolare se prevalenti nel microbioma intestinale, hanno un alto rischio di sviluppo di batteriemia da VRE (VREB) e questo è più probabile che si verifichi durante il trattamento con antibiotici ad ampio spettro.
  • VREB è associata ad un aumento della mortalità, ma la mortalità direttamente attribuibile sembra essere limitata, facendo si che VREB possa essere considerata un marker surrogato della mortalità che resta comunque legata alla presenza di comorbidità.
  • Mentre la colonizzazione è un elemento predittore del rischio di VREB, non ci sono evidenze che dimostrino che il trattamento diretto ai VRE in pazienti con febbre persistente e colture negative possa migliorare gli outcomes.
  • Daptomicina e linezolid sono gli attuali pilastri del trattamento delle VREB, l’emergere di isolati con ridotta sensibilità ad entrambi può porre futuri scenari sul trattamento.
  • Nei pazienti con batteriemia persistente malgrado un’appropriata monoterapia, la combinazione di daptomicina e antibiotici beta-lattamici, come l’ampicillina, può essere considerata.

Conclusioni

I pazienti sottoposti a TCSE sono spesso ospedalizzati per lunghi periodi, necessitano di cure intensive, sono portatori di accessi vascolari centrali, neutropenici, immunosoppressi, presentano alterazioni della mucosa orale e gastrointestinale. Tutti questi sono fattori di rischio importanti per lo sviluppo di una batteriemia da VRE. Anche se le infezioni da VRE in assenza di comorbilità pare non aumentano significativamente la mortalità nei pazienti trapiantati, possono comunque avere importanti implicazioni sugli esiti. La colonizzazione, vista come precondizione di un’infezione invasiva, può essere utile al fine di identificare pazienti ad alto rischio di batteriemia. Sono necessari ulteriori studi per esaminare l’utilità e l’impatto dei tamponi rettali di routine (specialmente usando la metodica della PCR), e l’isolamento di pazienti colonizzati. In centri con alti tassi di colonizzazione e conseguente trasformazione in batteriemia, la terapia empirica per debellare i VRE deve essere garantita nel caso in cui gli antibiotici siano effettivamente necessari.

Le strategie di prevenzione sono molteplici: un accurato programma di igiene delle mani con sistemi di feedback e sorveglianza elettronica si è dimostrato efficace per aumentare la compliance degli operatori sanitari e ridurre significativamente la trasmissione nosocomiale di VRE. L’uso di salviette impregnate di clorexidina per l’igiene personale del paziente si è dimostrato positivo per la riduzione della colonizzazione da VRE del 25%, ma non nelle batteriemie in uno studio, mentre l’uso di sapone liquido e bagnodoccia a base di clorexidina ha dimostrato la riduzione del tasso di entrambi (colonizzazione e batteriemia). Per la decontaminazione ambientale sono risultati promettenti l’uso del perossido di idrogeno vaporizzato, superfici in lega di rame o la disinfezione attraverso lampade germicide a raggi ultravioletti.

Le precauzioni da contatto consistono nell’isolare il paziente in stanza singola, e l’uso di camice e guanti se si ha contatto con il paziente. Le precauzioni da contatto e l’isolamento non si sono dimostrati chiaramente efficaci nella prevenzione di colonizzazione da VRE, ma sono largamente usati in centro trapianti. Negli Stati Uniti, più di 40 ospedali hanno eliminato l’isolamento da contatto per VRE e stafilococco aureo meticillino resistente (MRSA) e non si sono verificati cambiamenti dei tassi di infezione da VRE e MRSA, anzi c’è stato un risparmio di costi. Bisogna però aggiungere che non siamo nel setting trapiantologico e negli Stati Uniti i VRE e MRSA sono principalmente comunitari, non nosocomiali. È invece indicato ed efficace usare selettivamente le precauzioni da contatto per i pazienti ad alto rischio di trasmissione del germe, che presentano diarrea e ferite secernenti.

I pazienti sottoposti a TCSE rimangono colonizzati da VRE per lungo tempo e nel caso in cui dovessero essere riospedalizzati, è indicato metterli in isolamento da contatto. Ogni istituto segue un proprio protocollo per togliere l’isolamento da contatto, quello più usato è di avere tre tamponi rettali negativi, effettuati in diverse giornate.

Concludendo, è difficile dare una risposta chiara alla domanda del titolo, dipende da tanti fattori, in primis dall’epidemiologia locale, dalla pressione antibiotica, dalle tecniche microbiologiche, dalla compliance sull’igiene delle mani e ci si rende conto, che intorno al paziente trapiantato è necessario il lavoro di tante figure professionali.