Via libera alle DLI dopo trapianto aplo con PBSC e PTCy

Goldsmith e collaboratori riportano che infusioni di linfociti del donatore (DLI) dopo trapianto aploidentico hanno un’efficacia e una sicurezza non inferiore a quanto già riportato nel trapianto HLA-compatibile.

 Goldsmith SR et al, Bone Marrow Transplantation 2017, 52, 1623-1628

La reinfusione di una o più aliquote di linfociti del donatore (DLI) è una strategia di immunoterapia codificata in caso di ricaduta ematologica o di perdita di chimerismo dopo trapianto HLA compatibile. Nel contesto del trapianto aploidentico T repleto è possibile teoricamente ipotizzare un maggiore rischio di GVHD dopo infusione di DLI, legato sia alla diversità HLA, sia alla quota di linfociti alloreattivi infusi, soprattutto nel caso che la sorgente del trapianto siano state le cellule staminali da sangue periferico Di conseguenza, vi è incertezza sulle dosi delle DLI da utilizzare e si ipotizza che sia utile iniziare con dosi inferiori rispetto al trapianto HLA compatibile. Poche sono le esperienze riportate in letteratura, prevalentemente dai ricercatori cinesi dopo trapianto aploidentico T repleto con la piattaforma ATG ( 58% GVHD acuta anche severa e letale) e dopo trapianto aploidentico con ciclofosfamide post-trapianto (PT-Cy) con sorgente esclusiva di cellule staminali midollari (GVHD acuta 14-25%). Mancano completamente dati che riguardano immunoterapia con DLI dopo trapianto aploidentico con reinfusione di PBSC e piattaforma PT-Cy. In questo studio vengono riportati i dati di efficacia e di tossicità di un piccolo gruppo di 21 pazienti trattati con DLI per ricaduta ematologica o extramidollare (12 pazienti e 7 pazienti, rispettivamente) o perdita di chimerismo ( 2 casi) dopo trapianto aploidentico.

La maggior parte dei pazienti era affetto da leucemia acuta (16 casi ) o sindrome mielodisplastica (2) e la ricaduta si era sviluppata entro 6 mesi dal trapianto in circa la metà dei pazienti. Sedici pazienti (76%) hanno ricevuto una chemoterapia prima delle DLI. La maggior parte dei pazienti (86%) ha ricevuto un’unica aliquota di DLI e la dose più frequente è stata di 1 x 106/Kg. Le DLI sono state raccolte nel corso della mobilizzazione delle PBSC per il trapianto aploidentico.Cinque pazienti hanno sviluppato una GVHD acuta (solo un caso di grado III) dopo le DLI e 1 paziente ha presentato una GVHD cronica limitata. Il rischio di GVHD acuta o cronica dopo le DLI è più alto nei pazienti che hanno presentato una GVHD dopo il trapianto aploidentico, ma non correla con la dose cumulativa di DLI reinfuse. Le DLI sono state efficaci in 7 pazienti (33%), 6 dei quali hanno ottenuto una remissione completa dopo la ricaduta ematologica e 1 ha ottenuto un chimerismo completo a favore del donatore. La risposta ematologica è stata duratura in 3 dei 7 pazienti ad un tempo variabile tra 1 e 4 anni dalla somministrazione delle DLI. La sopravvivenza è stata migliore nei pazienti che hanno ricevuto le DLI per un chimerismo misto, intermedia in quelli che avevano una ricaduta extraematologica e significativamente inferiore in quelli che avevano una ricaduta ematologica.

La ricaduta post trapianto è una situazione a prognosi sfavorevole e in cui chemio ed immunoterapia inducono risposte durature soltanto in una piccola quota di pazienti. Questo studio ci suggerisce che le DLI sono un’opzione efficace in un terzo dei pazienti che ricadono dopo trapianto aploidentico con PBSC e PTCy, la dose di partenza consigliata della DLI è di 1x 106/Kg (come nei trapianti da registro), il rischio di GVHD non è elevato, soprattutto se il paziente non ha manifestato complicanze immunologiche dopo il trapianto. Le DLI si possono raccogliere nel corso della mobilizzazione del donatore prima del trapianto, quindi è utile programmare la criopreservazione delle DLI per i pazienti con patologia ematologica ad alto rischio.