Subito il trapianto allo, anche con donatore aplo, nelle leucemie mieloidi FLT3 positive

Uno studio retrospettivo dell’EBMT dimostra che il trapianto allogenico T-repleto da donatore aploidentico eseguito in prima remissione completa annulla il significato prognostico sfavorevole conferito dalla presenza della mutazione FLT3-ITD nella leucemia mieloide acuta .

Canaani J et al, Am J Hematology 2018, Mar 2 [epub head to print]

Circa un terzo delle leucemie acute mieloidi (LAM) con cariotipo normale presentano alla diagnosi la mutazione del gene FLT3-ITD, che conferisce un significato prognostico sfavorevole. Infatti, anche se i pazienti ottengono una remissione completa (RC) con la chemioterapia di induzione, hanno un rischio elevato di ricadere (fino al 70%) e di soccombere per la loro leucemia, per cui lo standard of care condiviso dalle linee guida internazionali è quello di avviare i pazienti al trapianto allogenico al più presto, dopo aver acquisito la prima RC. Non ci sono studi randomizzati che confrontano in questo gruppo di pazienti il trapianto allogenico con la sola terapia convenzionale, e anche gli studi retrospettivi pubblicati prendono in considerazione esclusivamente trapianti da donatore familiare HLA-identico o da registro, indicando che il trapianto allogenico migliora la sopravvivenza dei pazienti, ma quest’ultima rimane sempre inferiore rispetto a quella dei pazienti a buona prognosi. Questo studio retrospettivo presenta i risultati clinici del trapianto allogenico T-repleto da donatore aploidentico con ciclofosfamide post trapianto in 293 pazienti con LAM con cariotipo normale in prima RC e con la disponibilità alla diagnosi dell’analisi della mutazione del gene FLT3, confrontando l’outcome dei 91 pazienti FLT3-ITD positivi con i 202 casi FLT3 negativi

I 2 gruppi di pazienti FLT3 positivi e FLT 3 negativi sono confrontabili riguardo alle caratteristiche cliniche e i condizionamenti usati, le sole differenze statisticamente rilevanti riguardano la mutazione della nucleofosmina (NPM) più frequente nei pazienti FLT3 positivi e l’uso dell’ATG più frequente nei pazienti FLT3 negativi. A due anni dal trapianti , l’incidenza di mortalità da trapianto e di ricaduta sono rispettivamente del 21 e del 17%, mente la sopravvivenza libera da leucemia e la sopravvivenza globale sono 55 e il 66%. In analisi uni e multivariata la presenza o l’assenza della mutazione del gene FLT3 non influiscono sull’outcome globale, indicando quindi che il trapianto allogenico aploidentico annulla il significato prognostico sfavorevole conferito dalla presenza della mutazione FLT3-ITD nella LAM. E’ stata inoltre associata un’analisi di confronto dei parametri di outcome dei pazienti FLT3 positivi trapiantati da donatore aploidentico con un ulteriore più numeroso gruppo di oltre 800 pazienti trapiantati da donatore familiare HLA-identico e da registro, senza evidenziare significative differenze di outcome

Questa analisi, seppure retrospettiva, valida la strategia di avviare a trapianto allogenico il prima possibile le LAM ad alto rischio molecolare (FLT3 positive) e quindi, in assenza di un donatore familiare o da registro, di trapiantarle con un donatore familiare aploidentico, che è rapidamente a disposizione per la procedura di trapianto. L’effetto favorevole nel trapianto aploidentico potrebbe dipendere da una maggiore effetto graft-versus-leukemia (GvL) , dovuto al fatto che la ciclofosfamide post-trapianto preserva cellule T regolatorie ed NK in confronto con la profilassi convenzionale. Obbligatorio ricordare i limiti legati allo studio retrospettivo, alla mancanza di un’analisi completa delle mutazioni e della malattia minima residua. Con questi limiti, il trapianto aploidentico T repleto emerge come opzione valida per i pazienti con LAM in prima RC e FLT3 positività alla diagnosi, suggerendo anche una più efficace GvL rispetto al trapianto convenzionale, che dovrà essere confermato da studi biologici e da studi clinici comparativi.