Trapianto aplo sicuro nel bambino eliminando i linfociti dannosi

Locatelli et al hanno riportato un ottimo controllo di malattia e un basso rischio di GVHD in pazienti pediatrici con leucemia acuta trapiantati da un genitore aploidentico dopo manipolazione delle cellule reinfuse tramite deplezione delle cellule T αβ e dei linfociti B.

Locatelli et al, Blood online June 6, 2017

In questa rubrica abbiamo dato molto spazio nel corso dell’ultimo anno alle pubblicazioni che riguardano il trapianto aploidentico T-repleto con ciclofosfamide post-trapianto, in quanto è la procedura trapiantologica che si è sviluppata rapidamente negli ultimi 5 anni grazie ai buoni risultati raggiunti e all’accessibilità della procedura, che è alla portata di tutti i Centri Trapianto. Già dagli anni ’90 i ricercatori di Perugia avevano sviluppato il trapianto aploidentico T depleto basato sulla selezione positiva delle cellule CD34+. I limiti di questo approccio risiedono nel lento recupero immunologico post-trapianto che si associa ad un rischio infettivo e una mortalità trapiantologica elevati, che possono essere in parte superati dalla reinfusione di dosi di sottopopolazioni linfocitarie post-trapianto, che richiedono laboratori specializzati e condizionano la scarsa riproducibilità della procedura al di fuori di Centri Trapianto dedicati . La T deplezione utilizzata dal prof. Locatelli si basa sulla deplezione selettiva di 2 sottopopolazioni linfocitarie, i linfociti T αβ che sono responsabili della GVHD e i linfociti B da cui si possono sviluppare le malattie linfoproliferative post-trapianto, mentre vengono reinfuse nel paziente, insieme ai progenitori emopoietici CD34+, le cellule Natural Killer , linfociti γδ, le cellule dendritiche eche hanno un effetto protettivo sulle infezioni e sulla recidiva leucemica. Gli autori hanno riportato i risultati clinici di uno studio prospettico di fase II che include 80 pazienti pediateici con leucemia acuta mieloide e linfoblastica in remissione completa citologica, trattati con un condizionamento mieloablativo e con reinfusione manipolata con deplezione delle cellule T αβ e dei linfociti B provenienti da un genitore aploidentico.

 

 

La profilassi della GVHD si basava su siero antilinfocitario Grafalon alla dose di 12 mg/kg dal giorno -5 al giorno -3, non seguita da nessuna profilassi immunosoppressiva post-trapianto. Il condizionamento mieloablativo comprendeva irradiazione corporea totale (TBI) nel 75% dei casi e thiotepa in oltre il 90% dei casi. La mediana di cellule CD34+ reinfuse, provenienti da sangue periferico, è stata di 13,9 x 106/Kg e ha richiesto la somministrazione di plerixafor nel 20% dei donatori. La selezione dei donatori si è basata su criteri immunologici, dando la priorità all’alloreattività NK, che era presente nel 45% dei casi. L’incidenza cumulativa (CI) di GVHD acuta e cronica sono state rispettivamente del 30% (solo gradi I-II cutanei) e 5% (solo limitata cutanea). Due pazienti hanno presentato graft failure primario e 4 pazienti sono deceduti per mortalità trapiantologica (TRM) ( CI di TRM 5%), mentre altri 19 pazienti sono ricaduti (CI di ricaduta 24%) Con un follow-up mediano di 46 mesi, a 5 anni dal trapianto la sopravvivenza globale (OS) è del 72%, la sopravvivenza libera da recidiva leucemica (LFS) è del 71% e la sopravvivenza libera da recidiva e GVHD (GRFS) è del 71%. In analisi multivariata solo la TBI è un fattore che prolunga significativamente la LFS. Non ci sono differenze significative nei risultati ottenuti con questo protocollo dai pazienti con leucemia acuta mieloide e linfoblastica. Le OS, LFS e GRFS di questi 80 pazienti trapiantati da donatore aploidentico sono simili a quelli ottenuti dopo trapianto da donatore HLA-identico e da donatore da registro HLA matched 10/10, nello stesso periodo di tempo.

Questo protocollo di trapianto aploidentico si associa ad un rischio minimo (5%) di GVHD e di mortalità da trapianto, ad un rischio moderato (24%) di ricaduta della leucemia e a sopravvivenza a lungo temine buone (71%) sovrapponibili a quelle di pazienti trapiantati da donatore familiare HLA-identici e da registro. Questi buoni risultati sono attribuiti al condizionamento mieloablativo comprendente TBI, all’assenza di profilassi immunosoppressiva post-trapianto e alla persistenza nel graft (cellule reinfuse) di linfociti T γδ, cellule NK e cellule dendritiche, che permettono un rapido recupero immunologico post-trapianto, prevenendo infezioni e ricaduta leucemica. Questo protocollo è stato finora utilizzato esclusivamente nei pazienti pediatrici, ma potrebbe essere sperimentato in futuro anche nei pazienti adulti. I problemi da superare in un contesto adulto sono la necessità di mobilizzare una cospicua quantità di progenitori emopoietici, tramite multiple aferesi e/o l’utilizzo di plerixafor, la disponibilità di un laboratorio per la deplezione selettiva e i costi ad esso legata. Studi futuri dovranno chiarire vantaggi e limiti di questa piattaforma di deplezione selettiva dei linfocitiT αβ e dei linfociti B rispetto a quella più popolare del trapianto T-repleto con ciclofosfamide post-trapianto.