Regime di condizionamento: meno tossicità è possibile

La tossicità del regime di condizionamento è sempre stata un problema. Uno studio ci illustra nuove opzioni per ovviare a questo problema senza perdere in efficacia

A. Chhabra et al, Science Translational Medicine  10 Aug 2016: Vol. 8, Issue 351, pp. 351ra105

Nella corrente pratica clinica, i regimi di condizionamento pre-trapianto sono basati sull’utilizzo di agenti alchilanti o irradiamento e consentono sia di linfodepletare che di eliminare le cellule staminali emopoietiche (HSC) del ricevente per consentire l’attecchimento del trapianto. Tuttavia, la non specificità di azione di tali regimi, può provocare danni ai tessuti dell’organismo con il conseguente rischio di complicanze, anche gravi.

In questo lavoro, Chhabra et al. propongono un innovativo regime di condizionamento non basato su chemio- e/o radioterapia, ma su una combinazione di anticorpi monoclonali diretti rispettivamente contro c-Kit e CD47, due molecole fondamentali per la sopravvivenza delle HSC. L’asse c-Kit è essenziale per il mantenimento e la funzionalità delle stem cells, mentre CD47 è una molecola che, agendo come “don’t eat me signal”, protegge le staminali emopoietiche circolanti dalla fagocitosi.

Gli autori dimostrano in un modello murino immunodeficiente che una singola dose di Ab anti – c-Kit (denominato ACK2) è in grado di determinare una deplezione delle HSC al giorno 7 post-infusione, con un completo recupero delle stem cells a 3 settimane. Tale effetto è legato alla capacità dell’anticorpo di generare citotossicità – Ab-mediata da parte delle cellule NK e dei granulociti presenti nel topo immunodeficiente contro le HSC. Al contrario, la monoterapia con ACK2 in topi immunocompetenti non è in grado di generare una significativa riduzione dei livelli ematici di HSC.

Successivamente, gli autori utilizzano una nuova molecola anti-CD47, denominata “CV1 monobody” (CV1mb), in grado di legare efficacemente il CD47, interferendo con la sua azione protettiva contro la fagocitosi.

ACK2 e CV1mb in combinazione sono in grado di depletare la popolazione HSC in topi immunocompetenti, contrariamente a quanto accade con le singole terapie che invece non producono tale effetto. L’analisi dei midolli ossei nei topi trattati con la terapia combinata rivela una marcata ipocellularità senza l’evidenza delle angiectasie vascolari che si riscontrano invece nei topi irradiati.

Il trapianto di HSC murine in topi immunocompetenti pre-trattati con ACK2 e CV1mb, consente di ottenere engraftment e chimerismo stabili a 20 settimane sia per la linea linfoide che mieloide.

Infine, l’efficacia del trattamento viene anche valutata in un setting con mismatch per gli antigeni minori di istocompatibilità in topi immunocompetenti. In tale contesto, per eliminare il rischio di rigetto delle HSC da parte dei linfociti del topo ricevente, oltre al trattamento con ACK2 e CV1mb, i topi vengono infusi con anticorpi anti-CD4 e anti-CD8. Anche in questo setting, i topi presentano un engraftment ed un chimerismo stabili a 12 settimane post-trapianto, con buona rappresentazione sia delle linea mieloide che linfoide.

Questo studio propone una nuova tipologia di regime di condizionamento non più basato su agenti alchilanti del DNA ma sull’utilizzo di due anticorpi monoclonali, uno anti – c-Kit e uno anti-CD47. Lo studio è preliminare e condotto in un modello animale con ottimi risultati in termini di engraftment. I dati sono promettenti e pongono le basi per una possibile traslazione nell’uomo di tale approccio. Attualmente, l’impiego più prossimo di tale tipologia di condizionamento appare essere un contesto non oncologico, quali ad esempio la terapia genica o i difetti dell’emopoiesi. Tuttavia, l’effetto anti-tumorale dell’anticorpo anti-CD47, in grado di potenziare la citotossicità di NK e fagociti contro le cellule neoplastiche ricche in CD47 (un meccanismo di immune escape comune in molti tumori), lascia spazio per impieghi più ampi.