Trapianto autologo: una panacea per tutti i mali (autoimmuni)?

Questo post rischia di essere fuori tempo massimo, ma tant’è, siamo ormai ad Agosto e quale lettura migliore sotto l’ombrellone di due articoli che fanno un po' chiarezza su cosa può e cosa non può fare il trapianto nelle malattie autoimmuni?

Pubblicati nel 2014 e nel 2015, sono studi finalmente randomizzati in pazienti affetti da sclerodermia o da morbo di Crohn. La fisiopatologia delle due malattie è quanto di più disparato si possa trovare nell’ambito dell’autoimmunità clinica, per molti un argomento già esoterico di per sé. Rimane un mistero infatti come nella sclerodermia fenomeni autoimmuni possano indurre fibrosi cutanea e viscerale, entrambi potenzialmente fatali. Oppure come nel Crohn l’associazione tra deficit di regolazione dell’immunità innata (chi ha detto auto-infiammazione?) ed una flora batterica intestinale alterata possano indurre infiammazione intestinale cronica altamente invalidante.

Nel primo studio (ASTIS), un totale di 156 pazienti affetti da sclerodermia con coinvolgimento cutaneo diffuso sono stati randomizzati (1:1) a ricevere trapianto di cellule CD34-selezionate autologhe da sangue periferico e ATG (n=79), oppure boli mensili di ciclofosfamide (n=77) per 12 mesi consecutivi, e seguiti per una mediana di 5.8 anni. Durante il primo anno di follow-up, vi sono stati più eventi (morte, danno d’organo irreversibile) nel gruppo che aveva ricevuto trapianto (16.5%) rispetto a quello che aveva ricevuto boli di ciclofosfamide (10.4%). A due anni, i due trattamenti si sono equivalsi (17.7% vs 18.2%), mentre a 4 anni la situazione si è completamente ribaltata (19% vs 26%), suggerendo che superata la tossicità inziale del trapianto, questo ha la potenzialità di interferire significativamente con il decorso della malattia.

Nel secondo studio (ASTIC), 45 pazienti affetti da morbo di Crohn sono stati randomizzati (1:1) a ricevere trapianto di cellule staminali ematopoietiche autologhe da sangue periferico non manipolate e ATG, oppure standard-of-care. Rispetto allo standard-of-care, nel gruppo che aveva ricevuto trapianto vi sono stati più remissioni complete temporanee (34.8% vs 9.1%) e durature (8.7% vs 4.5%). Nei pazienti che avevano ricevuto trapianto, tuttavia, gli eventi avversi sono stati cumulativamente più frequenti (76 vs 38), suggerendo che nonostante la chiara efficacia, il trapianto nel morbo di Crohn sia gravato da una tossicità talmente importante da pregiudicarne il risultato finale.

Per una volta almeno nella sezione di Medicina Traslazionale e Trapianto di GITMOtwitting si può dire che questi risultati hanno un impatto importante nella pratica clinica. All’oggi la sclerodermia rimane una malattia grave, per cui non vi sono terapie efficaci (neanche all’orizzonte). In mani esperte, il trapianto autologo in questo caso potrebbe essere una valida opzione terapeutica, soprattutto nei casi più gravi. Non si può dire lo stesso nel morbo di Crohn, dove la tossicità del trapianto ne preclude all’oggi l’utilizzo.