Ciclofosfamide post-trapianto: un vestito buono per tutte le stagioni, una profilassi della gvhd per sorgenti e donatori diversi

Lo studio del gruppo del Fred Hutchinson dimostra che la ciclofosfamide post-trapianto, popolare piattaforma per  il trapianto da donatore aploidentico T-repleto,è in grado di ridurre il rischio di GVHD cronica anche  nel trapianto HLA-identico con cellule staminali periferiche.

Mielacarek M et al.Blood 2016;127:1502-1506

La prevenzione della GVHD basata sulla ciclofosfamide post-trapianto (PTCy) è un piattaforma largamente usata per  il trapianto da donatore aploidentico T-repleto, dove ha dimostrato di controllare in modo efficace la GVHD acuta e cronica (1). Perché allora non utilizzare la stessa piattaforma anche nel trapianto da donatore HLA-identico? Un primo studio era stato condotto dal gruppo di Baltimora nel trapianto mieloablativo  da donatore HLA-identico, con PTCy come unica profilassi immunosoppressiva, ed utilizzando esclusivamente cellule staminali midollari (2). Ora, invece, il gruppo del Fred Hutchinson (3) sperimenta questa piattaforma nel trapianto da donatore HLA-identico con reinfusione di  cellule staminali periferiche, sorgente gradita ai trapiantatori per il rapido attecchimento, ma associata invariabilmente ad un maggior rischio di GVHD cronica e quindi di prolungata immunosoppressione e peggiore qualità di vita dei pazienti. L’obiettivo dello studio è perciò dimezzare il rischio di GVHD cronica che richiede terapia immunosoppressiva  1 anno dopo trapianto di cellule staminali periferiche da donatore HLA-identico. I 43 pazienti dello studio  ricevono un condizionamento mieloablativo (fludarabina-busulfano nelle patologie mieloidi e TBI 12 Gy in quelle linfoidi), i donatori sono quasi  esclusivamente HLA identici (10 alleli identici su 10), per il 30% familiari e per il 70% da registro e ricevono ciclofosfamide 50 mg/kg nei giorni + 3 e +4 e ciclosporina  a partire dal giorno +5.    

L’end point primario dello studio è raggiunto: infatti l’incidenza  di  GVHD cronica che richiede terapia 1 anno dopo il trapianto è solo il 16%, ma anche gli altri esiti secondari del trapianto sono molto incoraggianti. L’incidenza di  GVHD acuta è 77%, abbastanza alta, ma solo di grado 2, nessun caso è di grado3-4. La mortalità da trapianto è 14%  e l’incidenza di  ricaduta della malattia ematologica  è 17%. La metà dei pazienti sono vivi e liberi da ricaduta e da terapia immunosoppressiva a 1 anno dal trapianto. La sopravvivenza a 2 anni è proiettata al  70% ed è superiore nei pazienti  con malattia minima residua (MDR) negativa  prima del trapianto rispetto a quelli MDR+ (dato prevedibile)  e in quelli trattati con TBI rispetto a quelli trattati con busulfano (risultato meno scontato). Una possibile spiegazione di tale risultato è suggerita da un interessante studio di farmacocinetica della ciclofosfamide, la cui  l’esposizione risulta  ridotta nei pazienti trattati con busulfano, per l’effetto di induzione del catabolismo della fenitoina usata come anticonvulsivante. 

E’ uno studio con un  piccolo campione di pazienti (solo 43) e un follow-up mediano ancora breve (13 mesi). Tuttavia, ci suggerisce che  la PTCy  associata alla ciclosporina è un’ efficace piattaforma di prevenzione della GVHD  cronica severa nel trapianto da donatore HLA-identico con cellule staminali periferiche (che è la procedura più comune nei nostri Centri Trapianto) e non comporta un aumento delle ricadute. La PTCY è candidata ad uscire dal limitato contesto del trapianto aploidentico ed invadere anche il campo del trapianto HLA-identico? Potrebbe sostituire la  globulina antilinfocitaria ( ATG)  in qualche setting di trapianto HLA-identico, in cui il rischio di GVHD è ancora alto?  Non lo sappiamo ancora, attendiamo studi comparativi tra la piattaforma PTCy e la profilassi convenzionale della GVHD. Per ora non possiamo che meravigliarci che un farmaco vecchio e a buon mercato come la ciclofosfamide debba ancora nascondere qualche segreto.