Mentre l’esperienza relativa alla criopreservazione di cellule staminali ematopoietiche è ben consolidata nella sorgente autologa e cordonale, pochi sono i dati presenti in letteratura per quanto riguarda le PBSC allogeniche.

Questo studio monocentrico retrospettivo canadese, analizza un’ampia coorte di 958 pazienti con malattia ematologica ed età media 55 anni (range 18-74), sottoposti ad allotrapianto da PBSC tra Gennaio 2010 e Ottobre 2018, con follow up medio di 38 mesi (range 12-113 mesi). In particolare nello studio si confrontano una coorte di 648 (68%) pazienti che hanno ricevuto cellule fresche e una coorte di 310 (32%) che hanno ricevuto invece cellule criopreservate.

Le due coorti analizzate sono sostanzialmente omogenee, fatta eccezione per alcuni aspetti di non poco conto. In particolare la coorte con utilizzo di cellule staminali a fresco è costituita da 83% MUD vs 17% di donatori familiari (14% HLA-ID e 3% aploidentici); nella coorte che utilizza cellule criopreservate invece i MUD sono solamente 9% (29/310) contro 91% di familiari (74% HLA-ID e 16% aploidentici).

Considerando l’outcome non vi sono differenze statisticamente significative tra le due coorti in termini di ricostituzione ematologica, graft failure (5.6% vs 6.8%; p 0.46) e GVHD acuta di grado II-IV (50% vs 49%; p 0.71) mentre per quanto riguarda la GVHD cronica moderata/severa c’è una maggiore incidenza in caso di cellule criopreservate (27% vs 40%, p<0.001). Va considerato tuttavia che solo il 45% dei pazienti reinfusi dopo scongelamento sono stati T-depleti in vivo, contro il 71% dei reinfusi a fresco (p<0.001).

L’analisi multivariata non dimostra differenze tra fresco e congelato in termini di OS (P= 0.39) e tasso di recidiva (P = 0.08) sebbene nel caso delle cellule a fresco vi sia un incremento borderline della NRM (HR 1.27, 95% CI 1.02-1.59, P=0.04).

Dallo studio emerge che l’utilizzo di PBSC congelate può essere considerata un’opzione sicura anche in caso di trapianto allogenico permettendo di superare difficoltà logistiche e di programmazione. Tuttavia, l’effetto che potrebbe avere il trasporto delle cellule staminali prima della criopreservazione sulla loro vitalità e funzionalità in caso di trapianto MUD non è stato ancora ben analizzato. Nello studio presentato, infatti, il numero di trapianti MUD era relativamente ridotto nella coorte delle cellule criopreservate (principalmente perché convenzionalmente prima della pandemia da COVID-19, il congelamento di cellule da donatori non correlati era riservata a circostanze eccezionali), pertanto non possiamo trarre conclusioni in merito.

Altro aspetto su cui rimangono molti dubbi è quello dell’immuno-ricostituzione e degli effetti sull’insorgenza di GVHD (in particolare cronica). Precedenti studi hanno infatti dimostrato come il congelamento delle PBSC modifichi l’espressione di alcuni antigeni di superficie e la composizione di alcune popolazioni linfocitarie con possibili ripercussioni cliniche.

C’è ancora molto da indagare e forse, almeno in questo, la pandemia potrebbe aiutarci.