Il2 e GvHD cronica refrattaria: una nuova opzione terapeutica?

In questo studio di fase 2 dei colleghi di Boston, si è dimostrato come la somministrazione di basse dosi di IL 2 quotidiane, in pazienti affetti da CGvHD refrattaria ad almeno 2 linee di terapia, induca una risposta parziale nel 61% dei pazienti, consentendo una sostanziale riduzione della dose di steroidi assunta. Inoltre si è dimostrata la buona tollerabilità del farmaco anche dopo 2 anni di assunzione continua.

J Koreth et al. Blood 2016 ;128 (1): 130-137

La GvHD cronica è una patologia 'rara ', in cui non esiste una terapia di seconda linea efficace e sopratutto la cui fisiopatologia non è ancora ben nota. Come la maggioranza dei lavori in questo ambito, lo studio non è randomizzato e la casistica è relativamente povera, ma è  prospettico , ben pianificato e ben analizzato.  Prima di proseguire il commento di questo articolo, invito tutti alla lettura di ' Consensus recommendations for improvement of unmet clinical needs-the example of chronic graft-versus-host disease : a systematic review and meta-analysis', pubblicato da autori italiani nel 2015 su Lancet Haematology, molto didattico nel fornire le chiavi interpretative delle pubblicazioni di tal genere. Tornando allo studio in questione, esso vuole indagare un meccanismo d'azione relativamente innovativo , e cioe' il fatto che  l'espansione di cellule T regolatorie e cellule NK in pazienti affetti da cGvHD possa controllare e far regredire le manifestazioni cliniche di tale patologia. L''end point primario era quello di ottenere un response rate>40%  in una polazione di pazienti adulti affetti da cGvHD refrattaria a 2 linee di trattamento e con terapia immunosoppressiva invariata nellle 4 settimane precedenti l'arruolamento. Da notare che un criterio di esclusione era rappresentato dalla terapia con sirolimus o inibitori della calceneurina , mente le dosi di steroide o altro immunosopressore non dovevano esser modficate per le prime sei settimane. La dose di IL2 somministrata è stata di 1x 10^6IU/m2 die  per 12 settimane , con una sospensione obbligatoria di 4 settimane. I pazienti responsivi (compresa la stable disease con risposta minima) potevano riassumere dopo la sospensione la stessa dose in modo indefinito, permettendo di indagare l'efficacia e la tollerabilita' di questa terapia sul lungo periodo (studio esteso) . I criteri di risposta si sono basati sui criteri NIH del 2005 e  vi è stata una accurata pianificazione dei time point di valutazione, comprendenti anche gli items di sicurezza e tollerabilita'.  Una analisi citofluorimetrica molto fine è stata associata alle valutazioni cliniche. I pazienti arruolati e valuatati sono stati 35 in un periodo di tempo compreso fra il luglio 2011 e il gennaio 2014.

Il raggiungimento dell'end point primario, 61% di risposte cliniche,  è stato ottenuto  solo con  remissioni parziali e non complete  (20 pazienti hanno mostrato una remissione parziale, 10 una malattia stabile , 3 una progressione e 2 pazienti non sono stati valutabili) . Per quanto riguarda il profilo di tossicita' ,  2 pazienti hanno dovuto sospendere precocemente la terapia  e 5 ridurre la dose del farmaco.  Sono stati identificati dei fattori predittivi della risposta  clinica alla terapia con IL2 : precocita' del trattamento e un rapporto basale di T regolatorie rispetto a T convenzionali ≥ 0.07. Nello studio esteso, che ha compreso 25 pazienti , l'IL2 è stata somminstrata per 1 anno in 23 casi e per piu' di due anni in 15 . Il follow up mediano è stato di 22 mesi . Anche in questa seconda coorte il profilo i di tossicita' è stato buono, con 1 sola a sospensione del farmaco dovuto a tossicita'. I pazienti responsivi hanno avuto un trend di migliore sopravvivevenza e migliore PFS (a 3 anni entrambe al 90%) . I benefici clinici sono stati essenzialmente dovuti alla riduzione della concomitante terapia immunosoppressiva , con una  riduzione mediana di steroide del 50% . Bisogna sottolineare come rispetto ad altre casistiche, in questo studio i pazienti siano stati arruolati piu' precocemente (intervallo mediano inizio terapia con IL2  rispetto al'insorgenza di cGvHD 317 giorni), con una cGVHD meno severa (classificata come moderata nel 62% dei casi), con una minore dose di steroide  assunta al momento dell'arruolamento (20 mg die) . Non sono specificate le terapia immunosoppressive pregresse o  e concomitanti  , eccetto le dosi di steroide.

Gli autori, forse entusiasticamente, propongono  che l'IL2 possa essere proposta come terapia primaria della cGvHD, ma si tratterebbe comunque di una terapia efficacie prevalentemente nei pazienti piu' giovani (infatti è noto che l'espansione dei Treg è piu' difficile  nei pazienti piu' anziani, con una funzionalita' timica ridotta). Inoltre sappiamo  che altri e diversi meccanismi immunologici sostengono la GvHD. Facendo mie le obiezioni esplicitate nel commentary ad opera di LM Curtis e SZ Pavletic apparso nel medesimo numero di Blood, appare  evidente che l'esclusione di pazienti in trattamento con sirolimus o inibitori della calceneurina limiti grandemente il campo di applicabilita' di questo trattamento, visto che si tratta di terapie precoci e diffuse nell'ambito della cGvHD . Inoltre concordo pienamente chel fatto  che bisognerebbe misurare l'impatto di tale terapia (quotidiana, senza un limite temporale prestabilito,  iniettiva , con conservazione in frigorifero) con la qualita' di vita dei nostri pazienti. Si tratta comunque di uno studio rigoroso, che ci conferma come una corretta metodologia clinica si possa applicare anche in questo ambito . Rimane un mistero come tali studi arruolino sempre un numero di pazienti molto ridotto , e questo dovrebbe essere argomentomento di riflessione della comunita' trapiantologica. Prevenire continua ad essere meglio (e piu' facile) che curare.....